Ozonizzazione e adsorbimento
Negli ultimi anni, in diversi impianti di trattamento delle acque reflue in Europa (in particolare in Svizzera e Germania) sono stati aggiunti i trattamenti di ozonizzazione e adsorbimento su carbone attivo per rimuovere i contaminanti emergenti prima dello scarico degli effluenti (Maniakova et al., 2021). L'ozonizzazione è un processo di ossidazione chimica che prevede l’impiego di ozono. L’ossidazione dei contaminanti emergenti avviene tramite reazioni dirette con l’ozono o indirettamente attraverso reazioni con i radicali ossidrili che si formano a seguito della reazione dell'ozono con composti organici, come fenoli o ammine (Rizzo et al., 2020). Il principale svantaggio consiste nella formazione di sottoprodotti della disinfezione, tra cui bromato e N-nitrosodimetilammina (NDMA), che sono di particolare preoccupazione per l’ambiente e per la salute umana perché potenzialmente cancerogeni (Rizzo et al., 2020; Shah et al., 2020; Rout et al., 2021).
L’adsorbimento è un processo chimico-fisico che comporta l’accumulo di una sostanza (il contaminante che vogliamo rimuovere, detto adsorbato) sull’interfaccia tra due fasi. In tal caso i contaminanti si spostano dalla fase liquida (refluo da cui vogliamo rimuoverli) alla fase solida, che prende il nome di adsorbente (Rout et al., 2021). L'adsorbimento consente di rimuovere con elevata efficacia i contaminanti emergenti dalle acque, a fronte di costi di installazione relativamente bassi (Senthil Rathi et al., 2021). Il carbone attivo (AC), suddiviso in carbone attivo in polvere (PAC) e carbone attivo granulare (GAC), è l’adsorbente più utilizzato nel trattamento delle acque per la rimozione di inquinanti organici e inorganici disciolti in esse. A differenza dell'ossidazione, l'adsorbimento è un processo che non provoca la formazione di sottoprodotti, tuttavia è necessario aggiungere un successivo processo di disinfezione, particolarmente quando si prevede il riutilizzo dell’effluente (Rizzo et al., 2020; Maniakova et al., 2021). Inoltre, sebbene l’adsorbimento su AC garantisce maggiori efficienze di rimozione di ECs rispetto ai tradizionali processi di coagulazione e flocculazione, il blocco dei pori del materiale adsorbente e la concorrenza per i siti di adsorbimento, ad opera ad esempio della materia organica naturale (NOM) presente nel refluo da trattare, causano la riduzione nel tempo delle prestazioni del processo e l’aumento della dose di adsorbente richiesta con conseguente incremento dei costi di processo (Luo et al., 2014; Shah et al., 2020; Naddeo et al., 2020).
Processi basati sulla reazione di Fenton
I processi di ossidazione avanzata basati sulla reazione di Fenton possono essere utilizzati nel trattamento delle acque reflue. Il processo di Fenton convenzionale si basa sulla reazione tra perossido di idrogeno e sali di ferro per formare specie fortemente reattive in grado di ossidare composti organici e inorganici. Si registrano risultati positivi anche in termini di rimozione dei contaminanti emergenti dalle acque reflue urbane. Tuttavia, tale processo è efficace a pH acido (circa 2.8) per cui le acque reflue urbane dovrebbero essere acidificate prima del trattamento e successivamente neutralizzate prima dello scarico o del riutilizzo, comportando un incremento dell’impatto ambientale e dei costi operativi (Maniakova et al., 2021). Ulteriori svantaggi riguardano la formazione di fanghi di ferro precipitato e la competizione che si instaura tra gli inquinanti e altre specie acquose, ad esempio carbonato e sostanza organica disciolta, nella reazione con i radicali liberi non selettivi (Farinelli et al., 2020). Secondo Rizzo et al. (2019) queste limitazioni rappresentano uno dei motivi per cui sistemi basati su tale processo non sono ancora applicati su larga scala come trattamenti terziari delle acque reflue urbane.
Scaria et al. (2021) suggeriscono l'applicazione di processi Fenton con l’uso di catalizzatori eterogenei per rimuovere i contaminanti emergenti; tale processo, denominato Fenton-like, differisce dal processo tradizionale per l’impiego di altri metalli oltre ai sali di ferro (ad esempio, i composti a base di manganese si sono rivelati catalizzatori efficienti per il trattamento di ECs). Inoltre, un miglioramento del processo di Fenton potrebbe essere ottenuto con l'aggiunta di agenti chelanti o leganti oppure accoppiando il processo con fonti di energia esterne come ultrasuoni (sono-Fenton), radiazioni luminose (photo-Fenton) e campi elettrici (elettro-Fenton). L’aggiunta di agenti chelanti (come l’EDDS, ossia l’acido etile diamminadisuccinico, o l’EDTA, ossia l’acido etilendiamminotetraacetico) o leganti (come l'acido nitrilotriacetico, noto con la sigla NTA, o l'ossalato) favorisce la reazione di Fenton promuovendo la rimozione dei contaminanti e riducendo al minimo la produzione di intermedi di reazione dannosi (Farinelli et al., 2020; Scaria et al., 2021). Il sono-Fenton migliora le efficienze di trattamento rispetto al processo di Fenton convenzionale grazie all’azione di decomposizione del perossido di idrogeno in radicali attivi dovuta alla presenza di ultrasuoni (Scaria et al., 2021). Il photo-Fenton è una variante del Fenton in cui la soluzione da trattare viene irradiata con una luce ultravioletta, naturale (con applicazione diretta della luce solare, solar-photo-Fenton) o artificiale (con l’impiego di lampade UV), caratterizzata da lunghezza d’onda che in genere rientra nello spettro tipico della radiazione solare (tra 180 nm e 400 nm). Tale processo permette di raggiungere velocità di reazione maggiori e di incrementare le efficienze di rimozione (Guere et al., 2021; Brillas, 2021). Nel processo elettro-Fenton si integrano processi elettrochimici al tradizionale processo di Fenton; la produzione di radicali ossidrili avviene dalla combinazione del catalizzatore aggiunto all’acqua da trattare con il perossido di idrogeno generato in situ per riduzione dell’ossigeno al catodo. L’elettro-Fenton risulta efficace per la degradazione di contaminanti organici persistenti (Ismail et al., 2021).