In tale contesto assume un ruolo di fondamentale importanza il problema del monitoraggio delle emissioni di odore. Sfortunatamente, gli odori sono difficili da misurare. La risposta di una persona a un odore è altamente soggettiva: persone diverse trovano sgradevoli odori diversi e in concentrazioni diverse. Ciò è ulteriormente complicato dal fatto che molte emissioni odorigene, comprese quelle provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue, sono costituite da molti singoli componenti odorosi e l'odore complessivo di miscele complesse non può essere facilmente misurato \cite{Gostelow_2001}. Per queste ragioni, non esiste un metodo universalmente accettato per la quantificazione degli odori e la misurazione degli odori è stata spesso considerata un'arte piuttosto che una scienza \cite{jiang1996}.
In ambito europeo un passo in avanti è stato fatto con la pubblicazione dello standard europeo EN13725 del 2003, con cui è stato identificato un metodo oggettivo per la determinazione della concentrazione di odore di un campione gassoso: l’olfattometria dinamica.  
In ambito nazionale, invece, la legislazione italiana non possedeva, al 2017, alcuna indicazione normativa dedicata agli odori ma solamente criteri qualitativi e riferimenti, poco dettagliati, alla prevenzione e mitigazione delle molestie; Con l’entrata in vigore dell’articolo 272-bis nel T.U.A., introdotto dal D. Lgs. 183/2017, è stato finalmente affrontato, seppure in una fase embrionale, il tema delle emissioni odorigene industriali e agricole \cite{sbruzzese2019}. Ciò nonostante, la normativa ad oggi non possiede una regolamentazione esauriente in materia di odori a livello nazionale, ma demanda alle regioni la possibilità di indicare criteri di valutazione.