In particolare:
- Zona Pelagica: I campioni sono stati rispettivamente estratti dopo 3, 8, 12, e 19 mesi riscontrando un decadimento delle proprietà meccaniche dal 66% al 96%.
- (b) Zona Eulittorale: . Dopo 9 mesi, solo pochi frammenti erano distinguibili.
- (c) Zona Sublitorale: è stato valutato il BOD, risultando in un consumo totale di O2 di circa 120 mg/L. In particolare, dopo 236 giorni, è stata riscontrata una biodegradazione media dell’88,2%
I risultati di questa ricerca hanno dimostrato che nella zona eulittorale, grazie alla maggiore esposizione alla luce solare e ai sedimenti che sommergono le bioplastiche, vi è una più completa degradazione. Ulteriori studi per la valutazione di come differenti temperature, pressioni, flussi marini e luce e rapporti con i sedimenti modifichino la biodegradazione delle BPLs si rendono quindi fondamentali per una comprensione completa, a tutto tondo, di come le bioplastiche interagiscono con l’ambiente marino.
La presenza di queste bioplastiche mal degradate, purtroppo, non porta solo un danno estetico alle acque dei mari e degli oceani, ma i frammenti di Bio-Microplastiche si inseriscono all’interno dei cicli vitali degli animali marini, in particolare degli invertebrati: con conseguenze, come si può immaginare, sia sugli stessi che sui loro predatori, nonché sull’uomo \cite{Anderson_2021}.
Ruolo degli impianti di trattamento delle acque reflue
Gli impianti di trattamento delle acque reflue (WWTPs) rappresentano uno dei maggiori affluenti di microplastiche nelle acque\cite{Naddeo_2020,Pervez_2020,treatment,Fraiese_2020}. Inoltre, i processi di depurazione delle acque stanno sollevando dubbi\cite{Ibrahim_2019} a causa delle emissioni di gas serra, dei costi elevati di manutenzione e spreco di risorse rinnovabili\cite{Al_Ali_2020,Naddeo_2013,Fortunato_2020}. Ai fini di limitare tali effetti negativi, è stato valutato un loro ruolo nell’economia circolare\cite{taherzadeh}, in cui è incoraggiata una trasformazione degli impianti in Strutture di Recupero\cite{Abdallah_2020,Jallouli_2020,Abdulkarem_2020}. Una delle possibili metamorfosi, è quella di convertire gli WWTPs in impianti di produzione di PHAs: invece di convertire materia organica in anidride carbonica, la biomassa potrebbe essere utilizzata come polimero per la produzione di bioplastica. In uno studio svolto sull’impianto di Wetterskip Fryslan, è stato riscontrato un ritorno economico dalla produzione di PHA di circa 20/50 volte maggiore rispetto alla corrente produzione di biogas. Inoltre, la produzione di PHA dai fanghi attivi \cite{ElNaker_2018}dei WWTPs comporta anche una riduzione dell’impronta di carbonio dell’impianto di circa il 21% \cite{ajao2020,Corpuz_2021}.
Il motivo per cui tale conversione non è ancora stata effettuata, risiede nel fatto che per raggiungere tale percentuale di riduzione dell’impronta di carbonio è necessario un impianto di notevoli dimensioni, e di conseguenza notevoli costi. In più, il prodotto risultante da questo processo sarà di scarsa qualità, andando a restringere il già povero mercato delle BPLs.
Un ulteriore sfruttamento degli WWTPs può essere effettuato con l’utilizzo delle microalghe presenti nell’impianto come organismi producenti bioplastiche. Le microalghe, a differenza delle altre piante utilizzate per la produzione di BPLs, non necessitano di acqua potabile e suolo per crescere, riducendo di conseguenza drasticamente i costi delle materie prime e della raccolta. Fattore vantaggioso è anche il tempo di crescita in quanto, nelle giuste condizioni ambientali, sono in grado di duplicare la loro biomassa in poche ore \cite{L_pez_Rocha_2020}.
Smaltimento delle Bioplastiche
Proseguendo con il nostro approccio cradle-to-grave per la valutazione del Ciclo di Vita delle bioplastiche, prenderemo ora in considerazione diverse opzioni di smaltimento.
I vantaggi e gli svantaggi dei vari metodi analizzati
\cite{2003}, sono riportati in Fig.1.