Per quel che concerne invece il mercato, a livello globale la bioplastica più utilizzata è la PLA (47%); al secondo posto quelle a base di amido (41%) (European Bioplastics).
Le aree di produzione in cui vi è una maggiore applicazione delle BPLs sono \cite{sa2016}:
- Imballaggio: utilizzate specialmente per imballaggi di cibi e confezioni d'asporto. Vengono preferite le BPLs a base di amido e PLA per la facilità di produzione.
- Dispositivi medici: utilizzate specialmente per fili di sutura, protesi ed impianti. Il 95% dei dispositivi medici a base di BPLs è rappresentato da Fili per Sutura in PLA.
- Agricoltura: l’applicazione delle BPLs in questo campo è in costante crescita, in quanto rappresentano le applicazioni più promettenti. Vengono utilizzate, sotto forma di pellicole per serre, reti e buste per fertilizzanti.
- Altre Applicazioni: utilizzo più di nicchia è rappresentato dall’industria elettronica ed automobilistica. La BPL più utilizzata è il PLA grazie alla sua stabilità e possibilità di una precisa lavorazione durante i processi industriali.
Biodegradabilità delle Bioplastiche
La biodegradazione è un processo naturale basato sulla completa mineralizzazione di materiali in anidride carbonica, acqua, ammonio, nitrogeno e biomassa. Questo processo, influenzato da UV, ossigeno e calore avviene grazie a microrganismi, quali batterie alghe e funghi, che frammentano i materiali in piccole molecole e lo ossidano\cite{Folino_2020}.
I materiali biodegradabili sono ad oggi preferiti, in quanto ciò ne permette lo smaltimento non tossico da parte di microrganismi durante i loro processi vitali. Il processo di biodegradazione segue tre fasi comuni \cite{sa2016}:
- Bio-deterorazione: modifiche delle proprietà fisiche, chimiche e meccaniche dei polimeri per la crescita di microrganismi al loro interno o sulla loro superficie.
- Bio-frammentazione: degradazione in oligomeri o monomeri dei polimeri.
- Assimilazione: frammentazione di oligomeri e monomeri da parte di microrganismi, con il rilascio di atomi di carbonio, che porta alla formazione di anidride carbonica, acqua e biomassa.
Per quanto concerne la stima del grado di biodegradabiltà delle BPLs, vengono comunemente utilizzati quattro metodi \cite{Folino_2020}:
- Produzione di CO2 e/o CH4 durante il processo di biodegradazione.
- Monitoraggio della riduzione del peso delle bioplastiche nel tempo.
- Morfologia della superficie e Peso molecolare dei materiali.
- Misurazione della Domanda Biologica di Ossigeno (BOD) o rapporto tra BOD e Domanda Teorica di Ossigeno (BOD/ThOD).
Favorevole caratteristica delle BPLs è la possibilità di venir degradate sia in ambiente aerobico che in ambiente anaerobico. In particolare, il processo di biodegradazione aerobica viene monitorato tramite lo studio dell’Indice di assimilazione microbica e l’Indice di biodegradazione (ovvero perdita di massa). Quest’ultima dipende dalla temperatura utilizzata dal processo; è stato riscontrato una percentuale di biodegradazione dimezzata a temperature di 35-37°C rispetto a T più alte (55°C). Uno studio di Cho et al., ha riscontrato una biodegradazione di BPL dell’ 88% in 44 giorni. Diversamente, per la biodegradazione anerobica, non presenta gli stessi risultati per tutte le bioplastiche \cite{Folino_2020}, infatti, sono stati ottenuti valori di degradazione dal 60 al 92%\cite{B_tori_2018}.
A prescindere dal metodo di monitoraggio e dalla presenza o meno di ossigeno, gli ambienti favorevoli per la biodegradazione sono il suolo ed il compost. In particolare, biodegradazione in compost può essere effettuata sia in scala domestica che industriale, malgrado sia necessario, per normativa, una disintegrazione di almeno il 90% del materiale in frammenti più piccoli di 2 mm e una perdita di almeno 90% del peso in un tempo di sei mesi.
Ecologicità delle Bioplastiche
Spesso, i concetti di “biodegradabilità” e di “ecologico” vengono utilizzati come sinonimi. Tuttavia, la realtà è profondamente diversa. Per essere “ecologico” un materiale non deve avere impatti negativi sull’ambiente: di fatti, anche una completa biodegradabilità nell’ambiente non indica necessariamente la mancanza di un impatto negativo, seppur minimo. E’ questo il caso delle bioplastiche. Per identificare l’entità degli impatti ambientali causati dalle BPLs, è stato improntato un metodo volto alla Valutazione del Ciclo di Vita (LCA) di questi nuovi materiali, seguendo un approccio “cradle-to-grave” (dalla culla alla tomba), ovvero dalla produzione fino allo smaltimento. Gli impatti ambientali considerati sono \cite{Changwichan_2018,azapacig2003}:
- Potenziale di Riscaldamento Globale (GWP): rilascio di gas serra.
- Potenziale di Acidificazione (AP): rilascio di composti a potenziale acido.
- Potenziale di Eutrofizzazione (EP): aumento della biomassa per eccessiva fertilizzazione di terreno ed acque.
- Potenziale Tossico (TP): rilascio di sostanze tossiche in acqua, aria ed ambiente.
- Potenziale di Esaurimento dei Fossili (FDP): consumo di materiale fossile.
Partendo dal processo di produzione, secondo l’approccio cradle-to-grave, impatti negativi si riscontrano già durante la coltivazione e la raccolta delle materie prime. Di fatti, la richiesta –in costante crescita- di BPLs, causa un’aumentata pressione sui raccolti e, di conseguenza, deforestazione. Per velocizzare la crescita delle materie prime, inoltre, queste vengono geneticamente modificate con rischi ambientali; infatti la produzione di questa biomassa provoca Eutrofizzazione e rilascio di sostanze tossiche\cite{pathak2014}.
Per quello che riguarda invece la manifattura delle BPLs, i processi utilizzano, al giorno d’oggi, energia non rinnovabile (NREU) \cite{Yates_2013}. Ciò implica il rilascio di Gas Serra che aumentano il Potenziale di Riscaldamento Globale, oltre al rilascio di mercurio e SO2 che causano problemi respiratori. Per quanto concerne l’impatto su suolo ed aria, si ha un alto Potenziale Tossico causato dalle sostanze rilasciate da NREU in quanto causa di piogge acide che inquinano terreno e ambiente marino \cite{Yates_2013,talk}.
Comportamento delle bioplastiche in ambiente acquatico
Nonostante il fatto che idealmente, come già discusso, il ciclo vitale delle bioplastiche debba terminare con il compostaggio delle stesse, a causa delle limitazioni dei sistemi di rimozione degli inquinanti (WWTPs)\cite{Naddeo_2020,Borea_2018,2021a} e della disseminazione di rifiuti, una parte delle bioplastiche raggiunge l’ambiente marino\cite{2021b}. Per quanto concerne la loro degradazione, fino ad ora non è stata osservata possibilità di biodegradabilità in acqua, tuttavia è stata riscontrata una frammentazione di BPLs in Bio-Microplastiche (BMPs) \cite{Anderson_2021}.
Il tasso di degradazione dei rifiuti bioplastici in ambiente acquatico è stato studiato da M. Tosin et al. \cite{Tosin_2012} in cui sono state simulate in laboratorio tre zone marine (pelagica, eulittorale e sublitorale), rispettivamente in un acquario contenente acqua marina, sull'interfaccia sabbia-acqua e, infine, simulando l'affondamento di un rifiuto in acqua.