La ricerca della sostenibilità è diventata una tendenza inseguita da ogni settore economico incluso quello del tessile e della moda. Questo è uno dei settori di eccellenza della produzione italiana e mondiale e, per quanto esso possa essere considerato poco essenziale, mette in moto una gigantesca somma di capitali e risorse e la sua conduzione influisce inevitabilmente sull’impatto globale sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista etico e sociale. Il peso che questo comparto rappresenta sul sistema industriale è ancora notevole nonostante i ridimensionamenti messi in atto dal settore. Secondo le previsioni, il fabbisogno di abbigliamento continuerà ad aumentare, passando da 62 milioni di tonnellate nel 2015 a 102 milioni nel 2030. Crescerà di conseguenza il relativo inquinamento e rischio ambientale. Una tendenza particolare che guida questo aumento è l'emergere della moda veloce. Nella moda, le tendenze cambiano rapidamente e la spinta all'acquisto dell'ultimo stile può lasciare molti articoli con una vita breve e gettati nel cestino. Dato che il 73% degli indumenti finisce nelle discariche e meno dell'1% viene riciclato in nuovi indumenti, ci sono costi significativi non solo per le risorse insostituibili, ma anche per l'economia attraverso il conferimento di indumenti in discarica. \cite{Moorhouse_2020}
La moda prodotta in serie è spesso fabbricata dove la manodopera è a buon mercato, ma le condizioni di lavoro sono del tutto inopportune, portando allo sviluppo di quella che è stata definita “schiavitù moderna”. La schiavitù moderna può essere vista come il risultato intrinseco di motivi di profitto e pressioni sui prezzi che portano a un'estrema efficienza dei costi e pratiche di acquisto di sfruttamento, incorporate in molti prodotti di uso quotidiano, che è particolarmente importante nelle industrie ad alta intensità di lavoro , come il tessile. \cite{Schaper_2021}